sabato 17 settembre 2016

Mamma, ho perso il treno! Guida pleonastica su come sperdersi a Tōkyō (parte 2)

Cari Nihonjini, nella puntata precedente vi ho parlato di quanto sia facile perdere uno shūden quando si è stanchissimi e disattentissimi, e di quale potrebbe essere una delle soluzioni più semplici (seppur tra le più costose) da adottare, onde evitare di finire a vagabondare tra le strade di Tōkyō in piena notte, in attesa che le corse dei treni riprendano al mattino successivo. Come vi avevo accennato, ne esistono anche di gran lunga più economiche del taxi, ed ho avuto modo di sperimentarlo a mie spese – figurate e, ahimè, letterali – già il giorno successivo a quello del precedente inconveniente.
La seconda volta che persi lo shūden era una fredda notte in cui credevo che, prese le giuste precauzioni, esperienze come quella da poco vissuta sarebbero state dure a verificarsi nuovamente. Una notte in cui avevo avuto la brillante idea di dimenticare la sciarpa al lavoro, tra l'altro, ma avevo almeno avuto la decenza di declinare l'invito del mio capo a scolarci una bottiglia di amaretto assieme, per affogare i dispiaceri nell'alcol.
Completamente sobria, una volta tanto, e felice di aver imparato la lezione, pensai di fare un salto in un negozietto sulla strada, poco distante dalla stazione, per premiarmi con un bell'onigiri tonno e maionese, in barba alla linea e a tutte quelle persone che adesso staranno pensando “oddio, come si fa a mangiare una roba del genere a mezzanotte passata?”, ai quali risponderò con fierezza che si campa una volta.
Peccato che quella notte sia stato proprio il mio piccolo peccato di gola ad avermi condotta ad un nuovo sventurato epilogo. Non ho mai particolarmente avuto a cuore la narrativa dantesca, ma devo ammettere che sembrava quasi il creato mi avesse condannato ad una qualche punizione divina per la mia golosità e negligenza, sebbene sia, per fortuna, riuscita almeno ad evitarmi la flagellazione delle intemperie: convintissima di essere perfettamente in orario, infatti, quando invece il treno buono me l'ero persa per il tempo perso a scegliere tra gli onigiri dai mille gusti, mi sono resa conto solo arrivata ad Akihabara che lo shūden era passato pochi minuti prima.
Mannaggia a Pippo, ho pensato, e adesso come dovrei pagarmelo il taxi per tornare a casa?
Rassegnata e consapevole di avere ben poc'altra scelta, ho deciso a quel punto di fare l'unica cosa sensata che mi venisse in mente: imboccare la prima strada a caso fuori la stazione e cominciare a seguire le indicazioni sui cartelli stradali che dicevano “Ichikawa”. Certo, sarebbe stata una strada lunga – aiutatemi a dire lunga – da percorrere, ma dopotutto non è che avessi chissà cos'altro d'importante da fare fino alle cinque e mezza del mattino. Dovevo solo essere certa che la strada imboccata portasse effettivamente ad Ichikawa o mi sarei definitivamente spersa, e t'oh!, guarda che fortuna! c'era un uomo di mezza età camminare qualche metro davanti a me. È stato quello il momento in cui ho realizzato che anche i giapponesi, talvolta, possono venire in mente le mie stesse trovate geniali. Anche quel signore, infatti, aveva perso lo shūden ed aveva deciso di tornare a piedi alla sua dimora.
Dove devi andare, tu?”, mi disse.
Ad Ichikawa. E Lei?”
Ad Asakusa. Potremmo fare un pezzo di strada assieme. Ti lascio ad un netto kafe dalle parti di Kinshichō.”
Cosa? Dite che è da irresponsabili accettare un invito del genere da uno sconosciuto in piena notte? Bè, forse non avete tutti i torti, ma posso assicurarvi che il Giappone non a caso è considerato uno dei paesi meno pericolosi al mondo. Sia per il gran numero di stazioni di polizia sparse un po' ovunque sul territorio edochiano, sia per le regolari ronde effettuate dagli agenti che ci lavorano, sia per i tantissimi ventiquattr'ore (i cosiddetti konbini) locati tipo ogni cento metri, sia per la civiltà del suo pacifico popolo, è praticamente impossibile riuscire a trovarsi davvero in pericolo. Mal che vada, c'è sempre un negozio in cui rifugiarsi o qualcuno che sentirebbe le vostre urla se doveste avere la sfortuna di rientrare in quella piccola - statisticamente parlando – percentuale di persone assassinate o aggredite, soprattutto se avete l'accortezza di restare sulle strade principali.
E, inltr-... Cosa? Non avete idea di che cavolo sia un netto kafe? Ah, tranquilli, non ce l'avevo neanch'io fino a quando non ho avuto modo di vederne uno coi miei stessi occhi. Vi dico solo che, a sentirne il nome, ero certa si trattasse di qualche internet point ad orario continuo, ma la mia idea non poteva essere più lontana dalla realtà.
Dopo tre buone ore trascorse a conversare piacevolmente col mio scortatore asakusese, che mi mostrò i migliori spot notturni sui ponti della periferia di Tōkyō, e mi aiutò, tra le altre cose, a farmi una cultura sulla storia del sumō, portandomi pure a vedere l'esterno del Ryōgoku Kokugikan (lo stadio utilizzato per il tradizionale evento sportivo e che si trova appunto a Ryōgoku, per chi avesse voglia di farci una capatina), giungemmo di fronte ad un comunissimo edificio, che mi diede l'impressione i miei dubbi sulla natura del posto fossero fondati. Solo quando ci entrai, capii invece che da quel momento in poi avrei amato un po' di più il magico mondo della vita notturna tokyota! Scoprii, infatti, che un netto kafe (meno volgarmente detto manga kissa) non solo è un internet point, ma è anche quello che definisco come “paradiso dell'intrattenimento per sfigati che hanno perso il treno, pendolari squattrinati e viaggiatori parsimoniosi, che non hanno voglia di spendere migliaia di yen per usufruire di una camera d'hotel di due metri quadri, se la fortuna li assiste”. In un netto kafe non solo si può far uso del computer, ma si può anche scegliere tra una vasta gamma di cabine, se non addirittura vere e proprie camere personali, dotate – dalla più economica alla più cara – di sedia, poltrona, divano e persino un tavolo, per quelle formato famiglia! Per non parlare poi della Play Station ultimo modello con giochi annessi, della quantità spropositata di riviste e manga messi a disposizione degli ospiti, dei distrubutori automatici di bevande ad uso illimitato, della doccia gratuita ed, in alcuni, persino di biliardo, tennis da tavolo e sala karaoke!
Insomma, se l'avessi saputo prima, altro che taxi, quella robaccia lussuosa con le ruote l'avrei lasciata ai facoltosi dotati di Black Card! Per noi che, invece, il nostro piccolo gruzzolo stiamo ben attenti a non gettarlo alle ortiche, il netto kafe può essere una buona soluzione non solo per quando capita di trovarsi impantanati in quel di Tōkyō a notte fonda, ma anche una buona occasione di esperire un lifestyle in puro stile giapponese odierno!
Insomma, a ripensarci, quella volta perdere il treno non è stato per niente male: che si vuole di più di incontrare un nihonjino gentile che ti accompagna a casa mentre ti accultura sul sumō, di osservare l'anima della Tōkyō dormiente e di conoscere posti peculiarmente nipponici come i netto kafe?
Tutto sommato, perdersi in un luogo per scoprirne quei piccoli dettagli che da turista canonico capita spesso possano sfuggire credo sia la parte migliore di ogni viaggio, non credete?
Mata ne!


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