lunedì 29 agosto 2016

Missione Tōkyō Game Show: a zonzo tra gundam, chocobo e kawaissimi slime... Ma occhio ai cosplayer!

Nihonjini, quanti di voi, inguaribili ed inarrestabili otaku come la sottoscritta, non hanno mai sognato di poter prendere parte ad uno degli eventi dedicati all'universo videoludico più importanti al mondo? Per chi non fosse pratico in materia di videogiochi, sto parlando del Tōkyō Game Show (TSG, per gli amici), un'enorme fiera ideata per tutti i nerdacchioni bramosi di news sui titoli in fase di sviluppo, di provare la demo delle opere in dirittura d'uscita, di godersi esposizioni gadgettistiche, illustrative e molto altro. Questa importante manifestazione si tiene ogni settembre al Makuhari Messe, il maggior centro convention del Giappone, situato in una zona dell'area di Chiba, tale Mihama. Perché è importante fare quest'ultima precisazione? Bè, perché se pensate che il secondo nome con cui ho ribatezzato Mihama è “Terra di Mordor” capirete, allora, che raggiungerla non sia esattamente un'impresa semplice. Soprattutto se non siete pratici di Chiba, avete dimenticato di memorizzare preventivamente gli ideogrammi di “Mihama” da cercare sulla mappa che non avete comunque pensato di procurarvi, non avete un iPhone e vi portate dietro un amico che, per comodità e per tutelarne la privacy, chiameremo Ambrogio, e che non è migliore di voi ad orientarsi nei meandri della giungla ferroviaria edochiana.
Tutto è cominciato tre giorni dopo il mio arrivo a Tōkyō, quando Ambrogio mi contattò per chiedermi se avessi intenzione di andare al TGS e se volessi andarci con lui. Entusiasta all'idea di condividere con qualcuno un'avventura nerdacchiosa in terra nipponica, accettai immediatamente. Stabilito che il luogo dell'appuntamento fosse la stazione di Ichikawa, dove ho vissuto per alcuni mesi, non restava che attendere l'arrivo del fatidico giorno. Quella mattina, l'andazzo della giornata mi fu subito chiaro anche senza guardare l'oroscopo, quando, dopo esserci incontrati con quasi un'ora di ritardo, saltò fuori che lui aspettava me sui binari, mentre io aspettavo lui all'obliteratrice. “Che sarà mai un piccolo intoppo?” mi dissi, ma ancora non mi ero resa conto di quanto fossi stata ingenua a credere che sarebbe filato tutto liscio come l'olio. Solo nel momento in cui Ambrogio mi chiese “allora, dove dobbiamo andare?” e la risposta fu “non saprei, credevo lo sapessi tu” ogni mio dubbio fu subito dissipato.
Senza perderci d'animo, io e Ambrogio ci dirigemmo ad un info point, dove l'addetto disegnò per noi un conciso percorso da intraprendere, con due cambi. Forti delle indicazioni ricevute, ci avventurammo alla volta della stazione di Nishi-Funabashi (la prima delle due stazioni di cambio), ma fu proprio da quel momento in poi che ebbe inizio la nostra odissea: dopo aver preso per tre volte il treno sbagliato, aver battuto Chiba da cima a fondo, essere stati trascinati assieme alla massa fuori da uno dei treni presi a caso perché tanto prima o poi quello giusto lo avremo beccato, ed esserci domandati per quale oscuro motivo, con tanti giapponesi che ci sfilavano accanto, un anziano vecchietto avesse optato per chiedere proprio a noi due indicazioni su come arrivare a non mi ricordo neppure dove, verso le tre del pomeriggio riuscimmo finalmente a giungere a destinazione. E che importa se eravamo partiti alle dieci del mattino. Ciò che conta, in questi casi, è arrivare, giusto?
Bene. Adesso che sapete che anche tentare raggiungere un posto a quaranta minuti scarsi da casa può trasformarsi in un'avventura mozzafiato, possiamo tornare a parlare della nostra convention.
Non appena entrata al Makuhari Messe (con la classica procedura paghi-entri, non a sorteggio, come qualcuno mi ha chiesto), la prima cosa che mi sono trovata di fronte è stata l'insegna dello stand della Square Enix, e qualunque appassionato di Dragon Quest, Kingdom Hearts o Final Fantasy capirà il perché mi sia messa a strillare come una fangirl impazzita nel momento in cui è rientrata nel mio campo visivo. Quando poi mi sono resa conto di essere circondata dagli stand di Capcom, Bandai Namco e Konami, in particolare, ho capito fosse quello il posto in cui sarei anche potuta morire felice.
Grazie alla pratica mappa situata all'ingresso, la logica della fiera è stata molto semplice da intuire persino per il mio cervello bacato: era, infatti, suddivisa in specifiche aree, tra cui quella per le esposizioni generali, quella dedicata ai giochi indie, ai giochi sportivi, ai giochi di simulazione romantici, ai giochi per smartphone e social network, e chi più ne ha più ne metta. Un'area a parte era, invece, dedicata al merchandise.
Un particolare che ho amato alla follia è stato il fatto che molti degli stand fosse promossi da cosplayer sponsorizzati, come queste tre signorine vestite a tema Final Fantasy XIV: A Realm Reborn.


Ogni casa produttrice promuoveva, poi, i propri giochi con attività che coinvolgevano l'utente in prima persona, e non soltanto permettendogli di provare l'anteprima dei giochi. Ad esempio, la Capcom, per promuovere Resident Evil: Revelation 2 aveva organizzato un fighissimo shooting range, ossia una specie di poligono di tiro dov'era possibile equipaggiarsi di pistola ed occhialini e provare l'ebrezza di far saltare la testa a qualche zombi.



Anche l'idea della Xperia è stata geniale a dir poco: in collaborazione con Final Fantasy VII, dava a chi volesse la possibilità di fare un selfie assieme al famigerato protagonista Cloud Strife, grazie ad un dispositivo simile ad un gigantesco smartphone, in grado di riprodurre l'immagine della persona di fianco a quella dell'eroe!



Insomma, tra riproduzioni in scala reale di robottoni, draghi e bonazzi da host club mi sentivo come una bimba felice nel paese delle meraviglie. Ma, come in ogni sogno che si rispetti, c'è sempre una macchia nera a turbare il labile equilibrio che intercorre tra felicità e tragedia. Se c'è una cosa che amo delle fiere è fare miliardi di foto ai cosplayer delle mie opere preferite, ma... peccato che al TGS non sia sempre possibile chiedere fotografie a chiunque in qualsiasi momento! A provarci, è altamente probabile ci si becchi uno sguardo fulminante o, nel migliore dei casi, una risata o un voltafaccia! Lì per lì, ammetto la cosa mi avesse infastidita non poco. Gli avvertimenti riguardanti il razzismo nipponico dei saccenti 39 e lode dei tempi dell'università non la piantavano di rimbombarmi nella testa, e sono davvero stata così stupida da pensare per un periodo che si trattasse di effettiva scortesia nei confronti di una troppo fastidiosa straniera. In realtà, ho ben presto avuto modo di realizzare la reale motivazione quando ho sfogliato le foto della fiera, in seguito: in una di queste avevo inconsapevolmente immortalato un cartello con su la scritta 立ち止らずお進みください, ossia “si prega di evitare di fermarsi e proseguire”, ed ho capito di essere stata io quella in torto, visto che al TGS ci sono orari e luoghi prestabiliti per poter scattare foto ai cosplayer. Bè, non solo al TGS, a dire il vero, ma del mondo del cosplay nipponico ve ne parlerò la prossima volta.
Per ora riassumo dicendo che l'esperienza al TGS è OBBLIGATORIO farla almeno una volta! Soprattutto se siete in Giappone quest'anno, in cui l'evento compie ben vent'anni! Anzi, se ci andrete o ci siete già stati, fatemelo sapere, per spammarne tutti insieme appassionatamente!
Cari Nihonjini, vi lascio con le foto delle statue del Tyrant di Resident Evil HD Remastered e del Cleric Beast di Bloodborne.
Mata ne!



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