Nihonjini,
quanti di voi, inguaribili ed inarrestabili otaku
come la sottoscritta, non hanno mai sognato di poter prendere parte
ad uno degli eventi dedicati all'universo videoludico più importanti
al mondo? Per chi non fosse pratico in materia di videogiochi, sto
parlando del Tōkyō Game Show (TSG, per gli amici), un'enorme fiera
ideata per tutti i nerdacchioni bramosi di news sui titoli in fase di
sviluppo, di provare la demo delle opere in dirittura d'uscita, di
godersi esposizioni gadgettistiche, illustrative e molto altro.
Questa importante manifestazione si tiene ogni settembre al Makuhari
Messe, il maggior centro convention
del Giappone, situato in una zona dell'area di Chiba, tale Mihama.
Perché è importante fare quest'ultima precisazione? Bè, perché se
pensate che il secondo nome con cui ho ribatezzato Mihama è “Terra
di Mordor” capirete, allora, che raggiungerla non sia esattamente
un'impresa semplice. Soprattutto se non siete pratici di Chiba, avete
dimenticato di memorizzare preventivamente gli ideogrammi di “Mihama”
da cercare sulla mappa che non avete comunque pensato di procurarvi,
non avete un iPhone e vi portate dietro un amico che, per comodità e
per tutelarne la privacy,
chiameremo Ambrogio, e che non è migliore di voi ad orientarsi nei
meandri della giungla ferroviaria edochiana.
Tutto
è cominciato tre giorni dopo il mio arrivo a Tōkyō, quando
Ambrogio mi contattò per chiedermi se avessi intenzione di andare al
TGS e se volessi andarci con lui. Entusiasta all'idea di condividere
con qualcuno un'avventura nerdacchiosa in terra nipponica, accettai
immediatamente. Stabilito che il luogo dell'appuntamento fosse la
stazione di Ichikawa, dove ho vissuto per alcuni mesi, non restava
che attendere l'arrivo del fatidico giorno. Quella mattina, l'andazzo
della giornata mi fu subito chiaro anche senza
guardare l'oroscopo, quando, dopo
esserci incontrati con quasi un'ora di ritardo, saltò fuori che lui
aspettava me sui binari, mentre io aspettavo lui all'obliteratrice.
“Che sarà mai un piccolo intoppo?” mi dissi, ma ancora non mi
ero resa conto di quanto fossi stata ingenua a
credere che sarebbe filato tutto liscio come l'olio. Solo nel momento
in cui Ambrogio mi chiese “allora, dove dobbiamo andare?” e
la risposta fu “non saprei, credevo lo sapessi tu” ogni mio
dubbio fu subito dissipato.
Senza
perderci d'animo, io e Ambrogio ci dirigemmo ad un info
point, dove l'addetto disegnò per noi
un conciso percorso da intraprendere, con due cambi. Forti delle
indicazioni ricevute, ci avventurammo alla volta della stazione di
Nishi-Funabashi (la prima delle due stazioni di cambio), ma fu
proprio da quel momento in poi che ebbe inizio la nostra odissea:
dopo aver preso per tre volte il treno sbagliato, aver battuto Chiba
da cima a fondo, essere stati trascinati assieme alla massa fuori da
uno dei treni presi a caso perché tanto prima o poi quello giusto lo
avremo beccato, ed esserci domandati per quale oscuro motivo, con
tanti giapponesi che ci sfilavano accanto, un anziano vecchietto
avesse optato per chiedere proprio a noi due indicazioni su come
arrivare a non mi ricordo neppure dove, verso le tre del pomeriggio
riuscimmo finalmente a giungere a destinazione. E che importa se
eravamo partiti alle dieci del mattino. Ciò che conta, in questi
casi, è arrivare, giusto?
Bene.
Adesso che sapete che anche tentare raggiungere un posto a quaranta
minuti scarsi da casa può trasformarsi in un'avventura mozzafiato,
possiamo tornare a parlare della nostra convention.
Non
appena entrata al Makuhari Messe (con la classica procedura
paghi-entri, non a sorteggio, come qualcuno mi ha chiesto), la prima
cosa che mi sono trovata
di fronte è stata l'insegna dello stand
della Square Enix, e qualunque appassionato di Dragon Quest, Kingdom
Hearts o Final Fantasy capirà il perché mi sia messa a strillare
come una fangirl
impazzita nel momento in cui è rientrata nel mio campo visivo.
Quando poi mi sono resa conto di essere circondata dagli stand
di Capcom, Bandai Namco e Konami, in particolare, ho capito fosse
quello il posto in cui sarei anche potuta morire felice.
Grazie
alla pratica mappa situata all'ingresso, la logica della fiera è
stata molto semplice da intuire persino per il mio cervello bacato:
era, infatti, suddivisa in specifiche aree, tra cui quella per le
esposizioni generali, quella dedicata ai giochi indie, ai giochi
sportivi, ai giochi di simulazione romantici, ai giochi per
smartphone
e social network,
e chi più ne ha più ne metta. Un'area a parte era, invece, dedicata
al merchandise.
Un
particolare che ho amato alla follia è stato il fatto che molti
degli stand
fosse promossi da cosplayer
sponsorizzati, come queste tre signorine vestite a tema Final Fantasy
XIV: A Realm Reborn.
Ogni
casa produttrice promuoveva, poi, i propri giochi con attività che
coinvolgevano l'utente in prima persona, e non soltanto
permettendogli di provare l'anteprima dei giochi. Ad esempio, la
Capcom, per promuovere Resident Evil: Revelation 2 aveva organizzato
un fighissimo shooting range,
ossia una specie di poligono di tiro dov'era possibile equipaggiarsi
di pistola ed occhialini e provare l'ebrezza di far saltare la testa
a qualche zombi.
Anche
l'idea della Xperia è stata geniale a dir poco: in collaborazione
con Final Fantasy VII, dava a chi volesse la possibilità di fare un
selfie
assieme al famigerato
protagonista Cloud Strife, grazie ad un dispositivo simile ad un
gigantesco smartphone,
in grado di riprodurre l'immagine della persona di fianco a quella
dell'eroe!
Insomma,
tra riproduzioni in scala reale di robottoni, draghi e bonazzi da
host club
mi sentivo come una bimba felice nel paese delle meraviglie. Ma, come
in ogni sogno che si rispetti, c'è sempre una macchia nera a turbare
il labile equilibrio che intercorre tra felicità e tragedia. Se c'è
una cosa che amo delle fiere è fare miliardi di foto ai cosplayer
delle mie opere preferite, ma...
peccato che al TGS non sia sempre possibile chiedere fotografie a
chiunque in qualsiasi momento! A provarci, è altamente probabile ci
si becchi uno sguardo fulminante o, nel migliore dei casi, una risata
o un voltafaccia! Lì per lì, ammetto la cosa mi avesse infastidita
non poco. Gli avvertimenti riguardanti il razzismo nipponico dei
saccenti 39 e lode dei tempi dell'università non la piantavano di
rimbombarmi nella testa, e sono davvero stata così stupida da
pensare per un periodo che si trattasse di effettiva scortesia nei
confronti di una troppo fastidiosa straniera. In realtà, ho ben
presto avuto modo di realizzare la reale motivazione quando ho
sfogliato le foto della fiera, in seguito: in una di queste avevo
inconsapevolmente immortalato un cartello con su la scritta
立ち止らずお進みください,
ossia “si prega di evitare di fermarsi e proseguire”, ed ho
capito di essere stata io quella in torto, visto che al TGS ci sono
orari e luoghi prestabiliti per poter scattare foto ai cosplayer.
Bè, non solo al TGS, a dire il vero, ma del mondo del cosplay
nipponico ve ne parlerò la prossima volta.
Per
ora riassumo dicendo che l'esperienza al TGS è OBBLIGATORIO farla
almeno una volta! Soprattutto se siete in Giappone quest'anno, in cui
l'evento compie ben vent'anni! Anzi, se ci andrete o ci siete già
stati, fatemelo sapere,
per spammarne tutti insieme appassionatamente!
Cari
Nihonjini,
vi lascio con le foto delle statue del Tyrant di Resident Evil HD
Remastered e del Cleric Beast di Bloodborne.
Mata
ne!